Data Feminism – quando il design incontra il femminismo intersezionale scientifico
Data Feminism è un libro di Catherine D'Ignazio e Lauren F. Klein del 2020. Un libro fondamentale non solo per chi lavora con la raccolta scientifica dei dati o per chi si occupa di studi di genere. Questo è un libro che si interroga sul design e sull'importanza della visualizzazione di determinati dati: quelli che incontrano le lotte sociali del nostro mondo.
In Data Feminism assistiamo, dunque, all'intreccio di vari saperi scientifici, umanistici e artistici in un connubio di esposizione analitica, storica ed estetica. Ma anche umana. Ci ricorda, infatti, come dietro ad ogni lavoro – termine ombrello delle varie discipline sopracitate – ci siano delle persone che provano sentimenti e che lottano ogni giorno delle evidenti battaglie sociali.
In particolare, sono il femminismo intersezionale, la data science e la data visualization a dare forma a quest'opera. Già nel 1985, la filosofa statunitense contemporanea Donna Haraway istituisce – nel suo libro Manifesto cyborg – un pensiero femminista incentrato sul rapporto tra scienza e identità di genere. Le autrici di Data Feminism approfondiscono la scienza dell'analisi dei dati e le fasi che la compongono (dalla raccolta alla comunicazione) rielaborando i dogmi del femminismo, ma utilizzando anche esempi tangibili della storia dell'umanità.
Perché la data science necessita del femminismo
Il libro si apre, infatti, con la storia di Christine Mann Darden, una delle donne che per prima ha lottato per ottenere gli stessi riconoscimenti degli uomini nel campo delle STEM.
Dopo aver conseguito la laurea in matematica alla Virginia State University nel 1967, iniziò a lavorare presso il Langley Research Center, il più vecchio dei centri della NASA. Come tutte le altre donne con le sue stesse competenze, Christine Darden venne affidata alla divisione dei computer umani, dove – nonostante fosse a conoscenza di uno dei sistemi computeristici più avanzati di sempre, l'IBM 704 – la sua ricerca fu estremamente limitata.
Le posizioni da ingegnere erano, ovviamente, occupate da uomini bianchi i quali non si preoccupavano nemmeno di conoscere i nomi di tutte le donne matematiche afroamericane che occupavano posizioni inferiori.
I sette princìpi del data feminism
L'obiettivo centrale del libro di Catherine D'Ignazio e Lauren F. Klein è quello di portare alla luce i princìpi fondamentali del data feminism. Così facendo, si abbatte la disuguaglianza prodotta da governi e aziende che hanno a lungo utilizzato i dati e le statistiche per mantenere una posizione sociale privilegiata.
Ad ogni principio è dedicato un capitolo:
- Esaminare il potere: il primo passo del data feminism consiste nell'analisi di come il potere e il suo conseguente privilegio operino nel mondo. Chi è che svolge il lavoro nell'ambito della data science (e chi no)?
- Sfidare il potere: il data feminism si impegna nella sfida contro le strutture diseguali del potere e a lavorare per la giustizia.
- Valorizzare l'empatia e la personificazione: il designer Mushon Zer-Aviv ha definito la data visualization “the unempathetic art“. Ma è vero l'assioma per cui la distanza emozionale rende i dati più oggettivi?
- Ripensare binarismo e gerarchie: riflettere sul sistema di classificazione e sui criteri per i quali le persone sono divise in categorie prestabilite è il quarto passo da compiere per abbattere le oppressioni sociali.
- Accogliere il pluralismo: il data feminism insiste molto sul fatto che la completa conoscenza derivi sulla sintesi di molteplici prospettive, dando priorità al pensiero locale, indigeno ed esperienziale.
- Considerare il contesto: spesso consideriamo i dati come neutri e oggettivi. Il data feminism desidera sottolineare come essi siano, invece, il risultato di relazioni sociali diseguali, sostenendo come il contesto sia essenziale per condurre una più etica e corretta analisi.
- Rendere visibile il lavoro: con questo ultimo principio – e capitolo – le autrici mirano a sottolineare come sia importante dare valore al lavoro invisibile. Che sia singolo o collettivo, nella nostra società capitalistica tendiamo a dare valore soltanto al lavoro che possiamo vedere. Spesso, sia la visualizzazione dei dati che il lavoro di scrittura di codice non sono così semplici da percepire.
La riflessione sul design
In Data Feminism l'approccio alla visualizzazione dei dati attraverso il design narrativo ha alla base la complessità dei sentimenti umani. Anche nel settore della UX l'emozione e il legame emotivo con l'utente cambiano la sua esperienza, rendendola più significativa. Il lavoro del designer – e in questo caso del designer dell'informazione – non è un lavoro asettico e neutrale, ma sente il bisogno di evocare empatia e ha lo scopo di far sentire l'utente, il lettore, il fruitore parte di un determinato progetto.
La discriminazione nel rendere la visualizzazione dei dati più empatica ed emozionante si perpetua nella dimensione del genere. Si produce lo stereotipo secondo cui le donne sono più sensibili e gli uomini più razionali.
Tuttavia, secondo le data feminists, ogni progetto di design racconta una storia di vita umana, la quale è fatta di gioia, dolore, amore – a prescindere dall'appartenenza di genere. Nel libro, ad esempio, viene citato il lavoro dell'information designer Giorgia Lupi e il suo progetto Bruises – The data we don't see. Esso racconta la storia di una malattia la quale spesso non può essere misurata solamente con i dati clinici. Una patologia comporta anche sentimenti, paure e preoccupazioni che spesso non si vedono: l'arte può renderli visibili.
Il data feminism, quindi, non è un OPP (other people's problem), ma riguarda tutti. Infatti, non è solo per le donne. Uomini, persone non binarie e genderqueer sono orgogliose di definirsi femministe e di usare il pensiero femminista nel loro lavoro. Inoltre, il data feminism non riguarda solo il genere. Le femministe intersezionali hanno considerato tutti i fattori che influenzano l'esperienza di ogni individuo come etnia, classe, sesso, abilità, età, religione, appartenenza geografica.
Il data feminism riguarda il potere, circa chi lo detiene e chi no. Nel nostro mondo contemporaneo, anche i dati sono potere. E visto che il potere dei dati è esercitato ingiustamente, deve essere sfidato e cambiato.